martedì 25 marzo 2014

La dura realtà della vita quotidiana



Dopo i lunghi tempi di attesa finalmente i genitori esausti e felici tornano a casa con i figli nati lontano, hanno trascurato il proprio lavoro, hanno chiesto permessi, ferie, hanno prosciugato i loro risparmi, hanno diritto a una manciata di mesi di maternità, ma i tempi sono difficili e ci sono luoghi di lavoro dove non ci si può permettere di stare troppo lontani.

Allora? 

Loro (i figli) lo chiedono, dopo tante forzate novità e cambiamenti, vogliono avere qualche certezza di continuità, andare a scuola. La scuola che ricordano loro, dove non c'è competizione, dove si impara oralmente ripetendo ciò che l'insegnante dice ad alta voce, dove si è in tanti con pochi mezzi.

E vengono catapultati in un luogo infernale dove la lingua è diversa, dove i valori sono ribaltati, dove si sentono degli estranei, dove l'insegnante non ha il tempo e a volte nemmeno la voglia di dedicarsi al loro vero inserimento, conta il rendimento, il programma, la prova invalsi, conta la competizione (negata sempre, ma continuamente rilanciata da insegnanti e genitori narcisisti), dove l'adozione è spesso confusa con l'essere straniero, dove l'adottato è sinonimo di causa persa, merita giusto lo sforzo per portarlo alla sufficienza, magari con una spintarella regalata, non può essere portatore di valori superiori.

Considerato un "bambino fortunato", è stato strappato alla povertà, all'abbandono, ecc. con dei genitori che hanno molte risorse da spendere e che quindi sapranno compendiare abilmente alle carenze della scuola. "...per questo se i genitori aspettassero a mandarlo a scuola ancora un po' sarebbe meglio!"

Ma i genitori sono in difficoltà, lottano con la quotidianità, non hanno le giornate e la possibilità di inventare una vita piena di avvenimenti per i loro nuovi figli, stanno imparando a essere genitori e lo stanno imparando di corsa e con uno o più figli che non sono neonati... altro che pannolini e latte in polvere! 

E sono quasi soli in questa sfida.

Come finirà?

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